Il Segretario Generale ha, nella sua relazione, approvata all'unanimità dal Congresso, illustrato il ruolo del lavoro alla luce degli eventi storici occorsi quali la pandemia ed il conflitto che sta sconvolgendo l’Ucraina. Il tessuto produttivo nazionale è chiaramente scosso per non dire declinante ed il lavoro deve trovare all’interno di questo contesto un nuovo ruolo ed un nuovo significato, anche con riferimento all’Europa. Infortuni sul lavoro, precarizzazione, quarta rivoluzione industriale, globalizzazione sono questioni fondamentali. Il sindacato dovrà fare pesare le istanze sociali, ma ancora una volta ribadisce il Segretario Generale, occorre avere una prospettiva europea. I sindacati tradizionali e organizzati non sono in grado di ovviare a molti problemi del mondo del lavoro. La situazione politica non aiuta, in particolare per la perenne litigiosità dei partiti e lo stato di continua campagna elettorale in cui versa la politica nazionale. Il Governo Draghi aveva un mandato limitato, siamo in una fase di passaggio. Le forze sociali devono proporsi costruttivamente. Ma la continua dinamica politica non consente di risolvere i problemi perché non esistono forze stabili di riferimento. Sono state attuate misure valide quali il reddito di cittadinanza ma tale misura non ha risposto alle esigenze di lavoro e produttive. La situazione economica si sta aggravando con l’inflazione, il caro vita, la scarsità energetica. Come sindacato l’AGL, deve essere conflittuale ma anche capace di utilizzare a beneficio dei lavoratori le situazioni favorevoli dal punto di vista contrattuale. Non esistono in Italia politiche del lavoro ed industriali ed il mondo dell’imprenditoria è in crisi. Alcune questioni nazionali sono ancora irrisolte: la crisi del mezzogiorno, ad esempio. L’Italia deve operare una svolta in questioni essenziali: l’ambiente, le fonti dell’energia, l’investimento su formazione ed istruzione, sul lavoro femminile. Occorre maggiore impegno nel sindacato, ma l’organizzazione si è mossa bene in particolare attraverso il patronato ed il centro di assistenza fiscale. Stiamo lavorando bene rispetto alle forze ed alle dimensioni dell’organizzazione. A Milano e in diverse zone del Paese il sindacato inizia ad essere conosciuto. L’obiettivo però è diffondere capillarmente l’organizzazione su tutto il territorio nazionale. Importante è tenere presente che numerosi soggetti si sono rivolti all’organizzazione ed hanno trovato ascolto e competenza.
AGL TOSCANA
giovedì 28 luglio 2022
mercoledì 21 settembre 2016
ROBERTO FASCIANI DIRETTORE DI EUROPE CHINESE NEWS
a destra, la Presidente di MILAN HUAXIA GROUP, Angela Zhou
Roberto Fasciani è il nuovo Direttore di EUROPE CHINESE NEWS.
Roberto Fasciani è il nuovo Direttore di EUROPE CHINESE NEWS.
“EUROPE CHINESE NEWS” secondo il Sole 24 Ore (21. 3.2012), è “la più importante testata in ideogrammi scritta e stampata in Italia”. Fondata nel 2004, distribuita in Italia e in Europa, la pubblicazione ha anche una versione online in cinese sul sito http://www.ozhrb.eu e in inglese sul sito http://www.ihuarenbao.com/en/ . La Presidente della Società editrice è Angela Zhou, imprenditrice ben conosciuta, anche fondatrice e Presidente di MILAN HUAXIA GROUP, società a capo del gruppo HUAXIA, una delle più importanti imprese cinesi in Italia. Il suo gruppo ha interessi in molti settori fra cui: media on e offline, media center, e-commerce globale, organizzazione di eventi, studi di consulenza, import ed export di beni di lusso e di prodotti alimentari, hotel, enoteche, ristoranti cinesi e occidentali, food & beverage, catering e ospitalità, agenzie di viaggi, società di consulenza per investimenti , promotore di mostre, studi legali, società di assicurazione, centri culturali e altri modelli multi-business. MILAN HUAXIA GROUP è una delle aziende di proprietà di imprenditori cinesi più influenti in Italia e una tra le più importanti società cinesi a livello internazionale.
mercoledì 4 dicembre 2013
7 LAVORATORI CINESI MORTI: I MAGISTRATI: “4 INDAGATI CINESI,PER ORA, MA LE INDAGINI POTREBBERO ALLARGARSI AD ALTRI SOGGETTI...”. SPERIAMO!
(foto da www.ansa.it)
GIOVANNINI (Ministro del Lavoro): "MAI
PIU' SIMILI EPISODI" -"Simili episodi non possono e non
debbono ripetersi". Lo ha detto oggi il ministro del
Lavoro Enrico Giovannini, rifererendo alla Camera
sulla strage di Prato . Purtroppo è un'ulteriore dimostrazione delle
conseguenze di condotte volte a negare tutele legali ai lavoratori".
"Non si può abbassare la guardia nell'opera di prevenzione e
controllo sulla normativa di settore". A Prato, ha aggiunto il
ministro, che è "un importante distretto tessile", risulta
difficile "l'operazione di controllo e prevenzione".
Giovannini ha poi spiegato che c'è una "programmazione a
cadenza settimanale di interventi mirati e coordinati con gruppo
interforze". Resta comunque una "condizione di
insostenibile e illegale sfruttamento".
29 NOVEMBRE 2013: ECCO QUANTO AVEVA
APPENA RESO NOTO IL MINISTERO DEL LAVORO (NON SI CAPISCE BENE
RELATIVAMENTE A QUALE PIANETA) :
“Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali
Ufficio Stampa
Lavoro, irregolari metà delle aziende
ispezionate, in aumento lavoro nero, finte collaborazioni e partite
IVA
Lavoro irregolare sotto la lente degli ispettori. Il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali comunica i risultati
del l'attività di vigilanza sulla mancata applicazione delle norme
previdenziali e della prevenzione e sicurezza del lavoro.
Nel periodo gennaio-settembre 2013 sono state
ispezionate 101.912 aziende, in lieve aumento (0,1%) rispetto allo
stesso periodo nell'anno precedente; in 56.003 aziende, pari al 55%
di quelle controllate, sono stare riscontrate delle irregolarità. La
costanza del numero delle aziende ispezionate scaturisce da una
specifica strategia del Ministero, mirata a concentrare le verifiche
verso obiettivi significativi in relazione a fenomeni irregolari di
rilevanza sociale: lavoro nero, tutela dei minori, sfruttamento
extracomunitari clandestini, elusione contributiva e sicurezza sul
lavoro.
Le ispezioni hanno consentito di verificare 202.379
posizioni lavorative (in diminuzione del 29,3% rispetto a
gennaio-settembre 2012) con l'individuazione di 91.109 lavoratori
irregolari, di cui 32.548 totalmente in nero (pari al 36% dei
lavoratori irregolari, con un aumento di 5 punti percentuali rispetto
allo scorso anno). In 439 casi è stata riscontrata una violazione
penale per impiego di lavoratori minori, mentre è stato individuato
l'impiego di 816 lavoratori extracomunitari clandestini, circa il
2,5% dei lavoratori in nero, in lieve diminuzione rispetto allo
stesso periodo del 2012.
Il lavoro irregolare è diffuso in tutti i settori
di attività economica, tuttavia la quota del lavoro nero si annida
maggiormente in agricoltura (58% degli irregolari) e nell'edilizia
(43%).
Tutti gli altri fenomeni, quali ad esempio appalti
illeciti, l'uso non corretto del contratto di somministrazione (7.548
numero di lavoratori coinvolti) e le violazioni della disciplina in
materia di orario di lavoro (10.082 lavoratori) subiscono una decisa
riduzione.
Violazioni rispetto alle norme di prevenzione e
sicurezza del lavoro sono state riscontrate in 24.316 aziende, pari
al 25,8% delle aziende ispezionate, con una diminuzione di 5 punti
percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012.
Infine, nonostante gli irrigidimenti previsti dalla
legge 92 del 2012, si riscontra un aumento del le "riqualificazioni"
dei rapporti di lavoro, che avvengono nel caso in cui l'ispettore
giudica diversamente un rapporto di lavoro, sia dipendente sia
autonomo, come nel caso delle collaborazioni a progetto non genuine e
delle false partite Iva. Le riqualificazioni nel periodo
gennaio-settembre 2013 sono complessivamente 14.520, corrispondenti a
circa il 26% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 6 punti
percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Dal punto di vista finanziario, le sanzioni per le
irregolarità riscontrate ammontano complessivamente a 78,1 milioni
di euro, con una diminuzione di circa 13 milioni di euro (-14,2%)
rispetto all'anno precedente.
Si allega la tabella
dei dati
Roma 29 novembre 2013”
Domanda: visto che sono scattate le indagini,
gradiremmo sapere nome e cognome di chi sapeva e non ha adempiuto ai
suoi doveri di ufficio. E di chi, dall'alto, o non ha controllato se
determinate attività ispettive venivano svolte con la dovuta
incisività o si è adoperato, dati i rilevanti interessi economici
italiani alla presenza di queste realtà apparentemente solo cinesi,
affinchè veri controlli non venissero fatti.
E poi: in Italia gira la voce che quando viene
denunciato qualcosa che non va nei luoghi di lavoro è vero che le
ispezioni vengono disposte ma molte volte avvisando, da parte di
funzionari e dirigenti pubblici infedeli, i datori di lavoro
interessati con congruo anticipo in modo che possano salvarsi.
Domandiamo alle Forze dell'Ordine e alla
Magistratura: sono mai state fatte indagini e intercettazioni sulla
reale consistenza di questo fenomeno? E se si trattasse di una
pratica corrente, in quali reali condizioni di sicurezza opererebbero
milioni di lavoratori italiani e stranieri?
Se questi sono i risultati dell'attività di
vigilanza non sarebbe meglio che le relative funzioni venissero tolte
a chi non le sa esercitare da decenni e, nell'ambito di una spending
review, fossero affidate a soggetti più seri, ad esempio alle Forze
dell'Ordine, direttamente? Chiudendo rami della Pubblica
Amministrazione che da anni dimostrano di non servire a nulla
(ovviamente salvaguardando il posto di lavoro solo per coloro che
fino ad oggi vi hanno lavorato seriamente)?
E infine non sappiamo se chi di dovere in Italia
riuscirà a perseguire gli eventuali responsabili nostri connazionali
di questa sciagura ma se ciò avvenisse ci piacerebbe che venissero,
per scontare la pena, affidati , per una volta, alle Autorità
Cinesi......
AGL
AGL
venerdì 23 agosto 2013
IL VERMINAIO DELLE COOPERATIVE
GRAZIE AGLI ISPETTORI DI COOPERATIVE
MINISTERIALI FATTA LUCE SU UNA REALTA' SCONVOLGENTE NEL MONDO
COOPERATIVO TOSCANO. COMPORTAMENTO VERGOGNOSO DA PARTE DEI BURATTINAI
DI UN CERTO “SISTEMA” DI POTERE COOPERATIVO.
PERCHE' I SINDACATI INTERNI DEL
MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO , IN TESTA LA CGIL, VOGLIONO INDEBOLIRE
LA VIGILANZA PUBBLICA SULLE COOPERATIVE ESPELLENDONE GLI ISPETTORI DI
PROVENIENZA MINISTERO DEL LAVORO E AGENZIA DELLE ENTRATE?
PERCHE' LE STESSE FORZE POLITICHE CHE
SI SCANDALIZZANO PER QUESTI AVVENIMENTI NON SI ADOPERANO PER TOGLIERE
ALLE CENTRALI COOPERATIVE LA POSSIBILITA' DI VIGILARE ORDINARIAMENTE
(OGNI 1-2 ANNI) LE LORO STESSE COOPERATIVE ADERENTI? AFFIDANDO TUTTA
LA VIGILANZA SOLO ALLO STATO?
PERCHE' , LAGGIU' IN TOSCANA, LA PARTE
DEL MINISTERO DEL LAVORO CHE SI OCCUPA DI ISPEZIONI SUL LAVORO NON SI
ERA IN QUESTI ANNI ACCORTA DI NULLA?
ALCOOP-AGL
lavoratori cooperative
ALP-AGL
ispettori di cooperative
ALAI-AGL
lavoratori agroindustria
AGL
Toscana
I seguenti articoli sono tratti dai
citati organi di stampa.
Forteto, esito della relazione degli ispettori
«Sulla cooperativa del Forteto, dagli ispettori ministeriali si
rileva una valutazione affine a quella cui siamo giunti con la
relazione della Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale
tra lesione arbitraria dei diritti di alcuni soci-lavoratori,
disparità di trattamento, firme inconsapevoli su operazioni
finanziarie, negazione dell’accesso a buste paga e Cud. E i
vertici del Pd, così come un pezzo del sistema-Toscana, si ostinano
nelle difese ideologiche e d’ufficio tacciando chi cerca di
basarsi sui fatti, di fare chiarezza sulla tragica vicenda e quindi
di chiedere giustizia di strumentalizzare la vicenda? Ma con che
faccia?» A esplodere così è il Consigliere regionale del Pdl
Stefano Mugnai che ha presieduto la Commissione regionale
d’inchiesta sugli affidamenti che aveva proprio le vicende del
Forteto come cartina di tornasole.
Mugnai ha appena letto le conclusioni, ormai rese pubbliche, cui sono giunti gli ispettori e beh, di rilievi sostanziali e importanti a far da presupposto alla richiesta di commissariamento ce ne sono eccome. Invece, solo pochi giorni fa, dal Pd il segretario regionale Ivan Ferruci e quello metropolitano Patrizio Mecacci – che a differenza di parte dei soci aveva potuto leggere nei giorni scorsi la relazione – avevano enfatizzato il passaggio in cui il Forteto viene definito dagli 007 del ministero «solida e fiorente realtà imprenditoriale». Non era che il rigo numero 13 di conclusioni lunghe sei pagine. A pagina 2 iniziano i guai, con gli ispettori che premettono alle loro analisi il «legame imprescindibile» tra cooperativa, associazione e una «comunità ispirata a proprie regole e principi». Il rapporto interno alla cooperativa, rilevano gli ispettori che, nei loro quattro mesi di investigazione, hanno interrogato 18 soci persone fisiche più 1 ex socio, «è sempre stato sostanzialmente basato su incondizionata “fiducia” per arrivare addirittura a una sorta di “affidamento acritico” dei soci nei confronti degli amministratori».
«Tradotto – incalza Mugnai – affidamento acritico nei confronti dei capi della comunità-setta. Quelli che ora sono a processo. Sì perché su un punto va fatta chiarezza: per i vertici della comunità il vero fine è la comunità-setta stessa, la cooperativa è un bene strumentale dal cui controllo discende la possibilità per il sistema Forteto di superare anche questo ulteriore triste capitolo. Motivo in più per considerare il commissariamento e quindi la necessità di scindere il futuro della cooperativa da quello della comunità, il modo più efficace, oltre che giusto, per tutelare azienda e posti di lavoro».
«L’organo amministrativo – si legge poi ancora nella relazione ministeriale – non sembra abbia messo a conoscenza i soci lavoratori (o lo abbia fatto in maniera marginale e superficiale) del contratto di lavoro […] e, cosa assai grave, sembra che alcuni soci abbiano inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari». Ancora: «I soci lavoratori, indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte, sono tutti inquadrati con lo stesso contratto e in unico livello contributivo», con violazioni giuslavoristi che per le quali gli ispettori si riservano di inviare gli atti agli organi competenti. C’è dell’altro: «L’ente – si legge già a pagina 3 – nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga, del Cud e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Per non parlare dello scossone seguito alle denunce di natura penale fatte da alcuni soci, i cui contenuti sono oggetto del processo a carico di 23 persone ai vertici del Forteto – compreso il fondatore e ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli – che inizierà il prossimo 4 ottobre. «Emerge con chiarezza – si legge a pagina 4 – un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci usciti dalla comunità [… che …] appare gratuito e comunque non riconducibile o giustificabile da irregolarità o comportamenti scorretti del socio nell’ambito del normale rapporto associativo o professionale».
Riassumendo, si rileva la «tendenza a confondere le regole ed i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario», il che pare aver «condotto gli stessi soci a ritenere “normali” atteggiamenti particolarmente “interferenti” dell’organo amministrativo».
Mugnai è tranchant: «Si tratta delle medesime dinamiche rilevate dalla Commissione regionale d’inchiesta, solo proiettate nell’universo lavorativo. I vertici del Pd comunque su una cosa hanno fatto definitiva chiarezza: il legame a filo che lega il loro partito e la storia del Forteto. Un legame che, evidentemente, è più forte delle sentenze passate in giudicato e di quanto già emerso in questi ultimi mesi; più forte anche della difesa dei diritti fondamentali delle persone e dei lavoratori, della ricerca della verità e dell’esigenza di giustizia delle vittime. Ma è l’ora di finirla, di levarsi i paraocchi. In questa vicenda occorre che tutte le persone di buona volontà, a prescindere dall’appartenenza politica, si mettano dalla parte delle vittime e dei loro diritti calpestati dopo che per trent’anni il Forteto, malgrado fior di sentenze passate in giudicato a carico dei suoi leader, ha rappresentato un punto di riferimento culturale e politico per un pezzo di Toscana. Non dico che sia facile rinunciare a un’utopia, ma le persone ed i loro diritti sono più importanti delle ideologie. Oggi è assolutamente necessario aprire gli occhi».
Mugnai ha appena letto le conclusioni, ormai rese pubbliche, cui sono giunti gli ispettori e beh, di rilievi sostanziali e importanti a far da presupposto alla richiesta di commissariamento ce ne sono eccome. Invece, solo pochi giorni fa, dal Pd il segretario regionale Ivan Ferruci e quello metropolitano Patrizio Mecacci – che a differenza di parte dei soci aveva potuto leggere nei giorni scorsi la relazione – avevano enfatizzato il passaggio in cui il Forteto viene definito dagli 007 del ministero «solida e fiorente realtà imprenditoriale». Non era che il rigo numero 13 di conclusioni lunghe sei pagine. A pagina 2 iniziano i guai, con gli ispettori che premettono alle loro analisi il «legame imprescindibile» tra cooperativa, associazione e una «comunità ispirata a proprie regole e principi». Il rapporto interno alla cooperativa, rilevano gli ispettori che, nei loro quattro mesi di investigazione, hanno interrogato 18 soci persone fisiche più 1 ex socio, «è sempre stato sostanzialmente basato su incondizionata “fiducia” per arrivare addirittura a una sorta di “affidamento acritico” dei soci nei confronti degli amministratori».
«Tradotto – incalza Mugnai – affidamento acritico nei confronti dei capi della comunità-setta. Quelli che ora sono a processo. Sì perché su un punto va fatta chiarezza: per i vertici della comunità il vero fine è la comunità-setta stessa, la cooperativa è un bene strumentale dal cui controllo discende la possibilità per il sistema Forteto di superare anche questo ulteriore triste capitolo. Motivo in più per considerare il commissariamento e quindi la necessità di scindere il futuro della cooperativa da quello della comunità, il modo più efficace, oltre che giusto, per tutelare azienda e posti di lavoro».
«L’organo amministrativo – si legge poi ancora nella relazione ministeriale – non sembra abbia messo a conoscenza i soci lavoratori (o lo abbia fatto in maniera marginale e superficiale) del contratto di lavoro […] e, cosa assai grave, sembra che alcuni soci abbiano inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari». Ancora: «I soci lavoratori, indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte, sono tutti inquadrati con lo stesso contratto e in unico livello contributivo», con violazioni giuslavoristi che per le quali gli ispettori si riservano di inviare gli atti agli organi competenti. C’è dell’altro: «L’ente – si legge già a pagina 3 – nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga, del Cud e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Per non parlare dello scossone seguito alle denunce di natura penale fatte da alcuni soci, i cui contenuti sono oggetto del processo a carico di 23 persone ai vertici del Forteto – compreso il fondatore e ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli – che inizierà il prossimo 4 ottobre. «Emerge con chiarezza – si legge a pagina 4 – un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci usciti dalla comunità [… che …] appare gratuito e comunque non riconducibile o giustificabile da irregolarità o comportamenti scorretti del socio nell’ambito del normale rapporto associativo o professionale».
Riassumendo, si rileva la «tendenza a confondere le regole ed i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario», il che pare aver «condotto gli stessi soci a ritenere “normali” atteggiamenti particolarmente “interferenti” dell’organo amministrativo».
Mugnai è tranchant: «Si tratta delle medesime dinamiche rilevate dalla Commissione regionale d’inchiesta, solo proiettate nell’universo lavorativo. I vertici del Pd comunque su una cosa hanno fatto definitiva chiarezza: il legame a filo che lega il loro partito e la storia del Forteto. Un legame che, evidentemente, è più forte delle sentenze passate in giudicato e di quanto già emerso in questi ultimi mesi; più forte anche della difesa dei diritti fondamentali delle persone e dei lavoratori, della ricerca della verità e dell’esigenza di giustizia delle vittime. Ma è l’ora di finirla, di levarsi i paraocchi. In questa vicenda occorre che tutte le persone di buona volontà, a prescindere dall’appartenenza politica, si mettano dalla parte delle vittime e dei loro diritti calpestati dopo che per trent’anni il Forteto, malgrado fior di sentenze passate in giudicato a carico dei suoi leader, ha rappresentato un punto di riferimento culturale e politico per un pezzo di Toscana. Non dico che sia facile rinunciare a un’utopia, ma le persone ed i loro diritti sono più importanti delle ideologie. Oggi è assolutamente necessario aprire gli occhi».
l documento
Forteto, ecco l'atto d'accusa
contro la
cooperativa
Secondo gli ispettori del ministero non venivano consegnate le buste paga ai soci, nè pagati straordinari e festivi
Ecco l’atto di accusa contro la cooperativa Il Forteto: sono
le sei pagine con cui i due ispettori del ministero dello Sviluppo
Economico, Lorenzo Agostini e Fabio Fibbi, riassumono le anomalie
riscontrate nell’azienda vicchiese, che a loro avviso deve essere
commissariata. Accuse dure, pesanti, che partono dalle commistioni
tra la comunità di Rodolfo Fiesoli e la cooperativa, descrivono le
discriminazione verso i soci disobbedienti, individuano varie
irregolarità amministrative e finiscono per censurare il regime di
affidi di minori messo in atto dalla cooperativa.
Il documento sarà discusso oggi durante l’assemblea dei soci che si terrà al Forteto, prima che il ministero dello Sviluppo Economico decida se ratificare o meno il commissariamento. Al Forteto, scrivono Agostini e Fibbi, tra cooperativa e comunità c’è «un legame imprescindibile» e la «tendenza a confondere le regole e i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa». Così, tutto è delegato ai capi e i soci vengono lasciati all’oscuro persino dei propri diritti. «Emblematica, a questo proposito, l’inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo».
Gli ispettori affermano poi che «l’ente nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga dei CUD e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Emerge, inoltre, «una sostanziale ignoranza dell’istituto del ristorno (la ridistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa, ndr), distribuito normalmente al termine di ogni esercizio ai soci lavoratori». Ampio spazio viene dato nella relazione alla discriminazione dei soci fuggiti dalla comunità, ma rimasti a lavorare in cooperativa. «Emerge con chiarezza un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci che sono usciti dalla “comunità”», affermano gli ispettori, citando casi di demansionamenti e persino la storia di un ex socio che ha testimoniato di aver dovuto lasciare la cooperativa contro la propria volontà, dopo essere stato costretto in «una sorta di isolamento». Agostini e Fibbi spiegano poi che la cooperativa «non appare dotata di strumenti normativi (…)che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali “ospiti” disadattati e/o minori», in riferimento al fatto che alcuni minori, in passato, non erano stati formalmente affidati a delle coppie, ma alla cooperativa stessa, senza che questa però avesse previsto norme e regolamenti interni ad hoc.
Per tutte queste ragioni, i due ispettori chiedono il commissariamento della cooperativa, perché «detto provvedimento, oltre a sanare almeno alcune delle irregolarità rilevate nel corso dell’ispezione, appare necessario al fine di un ricollocamento dell’ente nell’ambito della propria attività e del proprio scopo». Oggi, durante l’assemblea, il Cda del Forteto esporrà le controdeduzioni da presentare al ministero per sventare l’ipotesi del commissario. Ma ci sarà anche un gruppo di «soci dissidenti», con ogni probabilità minoritario, che presenterà un documento elaborato dal comitato delle vittime del Forteto, dove si afferma la necessità del commissariamento, dopo anni di «innumerevoli soprusi»: «Confidiamo – recita il testo – che la giustizia cominci ad affermarsi anche in ambito civilistico, societario, previdenziale e del lavoro, a fronte delle pluriennali violazioni dei diritti in danno dei soci e dei lavoratori».
Giulio Gori
23 agosto 2013
Il documento sarà discusso oggi durante l’assemblea dei soci che si terrà al Forteto, prima che il ministero dello Sviluppo Economico decida se ratificare o meno il commissariamento. Al Forteto, scrivono Agostini e Fibbi, tra cooperativa e comunità c’è «un legame imprescindibile» e la «tendenza a confondere le regole e i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa». Così, tutto è delegato ai capi e i soci vengono lasciati all’oscuro persino dei propri diritti. «Emblematica, a questo proposito, l’inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo».
Gli ispettori affermano poi che «l’ente nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga dei CUD e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Emerge, inoltre, «una sostanziale ignoranza dell’istituto del ristorno (la ridistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa, ndr), distribuito normalmente al termine di ogni esercizio ai soci lavoratori». Ampio spazio viene dato nella relazione alla discriminazione dei soci fuggiti dalla comunità, ma rimasti a lavorare in cooperativa. «Emerge con chiarezza un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci che sono usciti dalla “comunità”», affermano gli ispettori, citando casi di demansionamenti e persino la storia di un ex socio che ha testimoniato di aver dovuto lasciare la cooperativa contro la propria volontà, dopo essere stato costretto in «una sorta di isolamento». Agostini e Fibbi spiegano poi che la cooperativa «non appare dotata di strumenti normativi (…)che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali “ospiti” disadattati e/o minori», in riferimento al fatto che alcuni minori, in passato, non erano stati formalmente affidati a delle coppie, ma alla cooperativa stessa, senza che questa però avesse previsto norme e regolamenti interni ad hoc.
Per tutte queste ragioni, i due ispettori chiedono il commissariamento della cooperativa, perché «detto provvedimento, oltre a sanare almeno alcune delle irregolarità rilevate nel corso dell’ispezione, appare necessario al fine di un ricollocamento dell’ente nell’ambito della propria attività e del proprio scopo». Oggi, durante l’assemblea, il Cda del Forteto esporrà le controdeduzioni da presentare al ministero per sventare l’ipotesi del commissario. Ma ci sarà anche un gruppo di «soci dissidenti», con ogni probabilità minoritario, che presenterà un documento elaborato dal comitato delle vittime del Forteto, dove si afferma la necessità del commissariamento, dopo anni di «innumerevoli soprusi»: «Confidiamo – recita il testo – che la giustizia cominci ad affermarsi anche in ambito civilistico, societario, previdenziale e del lavoro, a fronte delle pluriennali violazioni dei diritti in danno dei soci e dei lavoratori».
Giulio Gori
23 agosto 2013
Forteto: Pd, Coop e cooperative contro il commissariamento ministeriale
Per gli ispettori del ministero dello Sviluppo economico l'azienda di Vicchio va commissariata. Concorde il centrodestra, non il Pd: "Strumentalizzazioni politiche che troviamo inopportune e controproducenti"
redazione20 agosto 2013
Dopo gli abusi, gli scandali, le deposizioni, gli
orrori, passando per le minacce e le richieste di lavoro, al Forteto
sono è arrivata l’ispezione del ministero dello Sviluppo
economico. E la sentenza degli ispettori, inviati lo scorso
aprile, su richiesta del Consiglio regionale toscano, si è ben
presto trasformato nell’ennesimo caso: gli ispettori hanno chiesto
il commissariamento della cooperativa di Vicchio.
La stessa richiesta di commissariamento era stata
avanzata nei mesi scorsi nella relazione finale commissione di
inchiesta sulla vicenda Forteto del Consiglio regionale, poi
approvata dall’intera Assemblea toscana. La cooperativa così ha
deciso di convocare un’assemblea straordinaria dei soci per
analizzare il contenuto della relazione e approvare delle
controdeduzioni da inviare al Ministero che dovrà esprimersi sul
commissariamento. La vicenda Forteto vede il fondatore e ‘guru’
della comunità di Vicchio, Rodolfo Fiesoli, e altre 22
persone, rinviati a giudizio nell’inchiesta sulle violenze
sessuali e maltrattamenti, che sarebbero stati inflitti agli
ospiti della comunità, tra cui minori in affido. Il processo è
convocato il 4 ottobre e tra le parti civili ammesse
figurano anche il Comune di Borgo San Lorenzo e la Regione Toscana.
A caldo, il presidente della cooperativa Stefano
Morozzi, aveva dichiarato: “Non abbiamo niente da
nascondere e non abbiamo niente da temere. I rilievi
espressi dagli ispettori saranno esaminati approfonditamente e
sicuramente risolti dal nuovo Cda della cooperativa. Si tratta di
rilevi che non giustificano una proposta di commissariamento e
nemmeno una semplice diffida”. Tra questi la decisione della
cooperativa di applicare a tutti i soci lavoratori lo stesso salario,
al pari degli altri dipendenti. Per Morozzi “una proposta di tale
gravità deve fondarsi su precise rilevazioni oggettive di gravissime
violazioni, e non può in alcun modo far semplicemente riferimento ad
un generico ‘clima pesante’, che graverebbe attorno alla
cooperativa per gli avvenimenti attribuiti a persone non più socie”.
FORTETO: ABUSO COME PRASSI, MINORI COME PREDE
Di diverso parere Stefano Mugnai del Pdl,
presidente della commissione di inchiesta del Consiglio regionale:
“E’ una richiesta più che plausibile alla luce
di quanto appreso in commissione. Un po’ alla volta verrà fatta
giustizia su una storia trentennale di abusi, di coperture politiche,
di regole non rispettate. Una storia che ancora deve essere
raccontata fino in fondo”.
IL COMITATO DELLE VITTIME CHIEDE IL COMMISSARIAMENTO
IL NO DI LEGACOOP E CONFCOOPERATIVE
– “Non comprensibile né giustificata la proposta di
commissariamento del Forteto”: così Legacoop e Confcooperative
all’indomani del vedetto ministeriale. “Occorre tutelare il
patrimonio industriale e di lavoro di un’importante realtà
agricola e produttiva toscana. I rilievi posti sono di natura
amministrativa e di scarsa entità, e possono essere affrontati e
gestiti serenamente dall’attuale gruppo dirigente, che è utile
ricordare ha segnato un importante elemento di discontinuità
rispetto al passato”.
FIESOLI RINVIATO A GIUDIZIO
PD – Ed infine, ieri, sul caso si
è espresso il Partito democratico toscano: l’auspicio, hanno
sottolineato i segretari regionale, metropolitano fiorentino e
mugellano del Pd Ivan Ferrucci, Patrizio Mecacci e Marco
Recati, è che il commissariamento “possa
essere evitato e che i rilievi posti dagli ispettori possano
trovare soluzioni mantenendo l’attuale gestione anche perché'
contemporaneamente sono stati messi in luce molti aspetti sulla
solidità dell’attività della cooperativa. Dopo la proposta di
commissariamento del Forteto – hanno continuato gli esponenti del
Pd – abbiamo assistito a nuove strumentalizzazioni
politiche del centrodestra che troviamo inopportune e
controproducenti perché è una questione che riguarda, è bene
ricordarlo, una realtà produttiva importante del nostro territorio,
il cui futuro dunque dovrebbe interessare tutti senza distinzioni di
appartenenza. La cooperativa del Forteto, tra l’altro, ha fatto
scelte importanti riguardanti i propri vertici, muovendosi secondo
noi in una giusta direzione”.
martedì 6 agosto 2013
E' QUESTO IL CAMBIAMENTO CHE SI ATTENDEVA PER IL MONTE DEI PASCHI DI SIENA?
Ci scusiamo se non ottemperiamo alla implicita prescrizione al silenzio sul caso MPS. Pazienza, vuol dire che metteranno anche l'AGL tra i fautori dell'instabilità. Nel frattempo saremmo desiderosi di conoscere l'opinione del "Rottamatore" e dei Sindacati rappresentativi del settore bancario sulla situazione esposta nell'articolo che segue.
Dal sito it.ibtimes.com/
""""""""""
Era lo scorso 11 giugno e il nuovo sindaco di Siena Bruno Valentini (ovviamente targato Pd) si insediava ufficialmente. Due mesi dopo quella "promessa solenne" è già un vago ricordo: il Pd non molla la presa sul Monte dei Paschi di Siena (e questo si sapeva), ma non fa neppure finta di farlo.
Mps è controllata dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Gli organi della Fondazione sono: Deputazione Generale, Deputazione Amministratrice, il Presidente, il Collegio dei sindaci e il Direttore Generale. Secondo lo statuto la Deputazione Generale (organo di indirizzo) è composto da 14 membri (4 scelti dal Comune, 2 dalla Provincia di Siena, uno a testa dalla Regione Toscana, Camera di Commercio di Siena, Curia Arcivescovile, Università degli Studi di Siena, Arcidiocesi di Siena, Università per Stranieri di Siena. Ultimi tre scelti "fra le terne di nominativi presentate rispettivamente dalla Consulta Provinciale del Volontariato di Siena, dal Consiglio Nazione delle Ricerche e dal Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici").
La Deputazione elegge anche il Presidente. La Deputazione Amministratrice (organo di amministrazione) è composta dal Presidente e da sei membri della Deputazione Generale. A controllare è il Collegio dei Sindaci che consta di tre membri nominati dalla Deputazione Generale, uno dei quali proposti dal Ministro dell'Economia.
Il sindaco, con una certa dose di involontaria ironia, è riuscito a dire: "Abituatevi all'indipendenza". Peccato che la nuova Deputazione Generale sembra una riunione di un circolo Pd. Il Comune ha scelto Alessandra Navarri (assistente di Anna Serafini, moglie di Piero Fassino, nei suoi anni da senatrice), Barbara Lazzeroni (membro del Partito Socialista che ha sostenuto Valentini alle Comunali 2013), Egidio Bianchi (già nel collegio dei revisori del Comune di Siena, da sempre feudo del centrosinistra) e Sergio Betti (ex sindacalista)
La Provincia ha scelto Vincenzo Cesarini e Simonetta Sancasciani, che il Fatto descrive rispettivamente come "avvocato legato al Pd provinciale" e "una dei fedelissimi dell'ex sindaco Franco Ceccuzzi". Gli altri sette membri sono: Amedeo Alpi (indicato dalla Regione Toscana), Carlo Guiggiani (Camera di Commercio), Bettina Campedelli (Università degli Studi di Siena), Alessandro Grifoni (Arcidiocesi di Siena), Riccardo Campa (Università per Stranieri di Siena), Vareno Cucini (Consulta Provinciale del Volontariato di Siena), Sergio Daolio (Consiglio Nazionale delle Ricerche - Cnr), Antonio Paolucci (Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici).
Tanto Guiggiani che Cucini vengono descritti come altri due esponenti vicini a Ceccuzzi, mentre Campedelli ruoterebbe nell'area di Luigi Berlinguer, ex ministro del primo governo Prodi e rettore dell'Università senese. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, è invece un 'renziano'.
La Deputazione eleggerà a breve il presidente: in pole ci sarebbe Francesco Maria Pizzetti, presidente dell'Autorità Garante della Privacy dal 2005 al 2012, già consigliere costituzionale del presidente del consiglio Goria (1987) e di Romano Prodi (1996-1998), nonchè dell'ex ministro Bassanini. Fa parte dell'associazione Astrid, fondata tra gli altri da Giuliano Amato. """"""""""
Dal sito it.ibtimes.com/
""""""""""
Fondazione Mps, nulla è cambiato
Di Redazione IBTimes Italia | 06.08.2013 10:37 CEST
"Al popolo senese faccio una grande e solenne promessa: è finita l'epoca in cui il sindaco può avere la tentazione di fare l'interesse di gruppi di potere, grandi o piccoli che siano, rispetto all'interesse della propria comunità. Lo dico anche al mio partito, prima vengono gli interessi della comunità e poi quelli del partito".
Era lo scorso 11 giugno e il nuovo sindaco di Siena Bruno Valentini (ovviamente targato Pd) si insediava ufficialmente. Due mesi dopo quella "promessa solenne" è già un vago ricordo: il Pd non molla la presa sul Monte dei Paschi di Siena (e questo si sapeva), ma non fa neppure finta di farlo.
Mps è controllata dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Gli organi della Fondazione sono: Deputazione Generale, Deputazione Amministratrice, il Presidente, il Collegio dei sindaci e il Direttore Generale. Secondo lo statuto la Deputazione Generale (organo di indirizzo) è composto da 14 membri (4 scelti dal Comune, 2 dalla Provincia di Siena, uno a testa dalla Regione Toscana, Camera di Commercio di Siena, Curia Arcivescovile, Università degli Studi di Siena, Arcidiocesi di Siena, Università per Stranieri di Siena. Ultimi tre scelti "fra le terne di nominativi presentate rispettivamente dalla Consulta Provinciale del Volontariato di Siena, dal Consiglio Nazione delle Ricerche e dal Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici").
La Deputazione elegge anche il Presidente. La Deputazione Amministratrice (organo di amministrazione) è composta dal Presidente e da sei membri della Deputazione Generale. A controllare è il Collegio dei Sindaci che consta di tre membri nominati dalla Deputazione Generale, uno dei quali proposti dal Ministro dell'Economia.
Il sindaco, con una certa dose di involontaria ironia, è riuscito a dire: "Abituatevi all'indipendenza". Peccato che la nuova Deputazione Generale sembra una riunione di un circolo Pd. Il Comune ha scelto Alessandra Navarri (assistente di Anna Serafini, moglie di Piero Fassino, nei suoi anni da senatrice), Barbara Lazzeroni (membro del Partito Socialista che ha sostenuto Valentini alle Comunali 2013), Egidio Bianchi (già nel collegio dei revisori del Comune di Siena, da sempre feudo del centrosinistra) e Sergio Betti (ex sindacalista)
La Provincia ha scelto Vincenzo Cesarini e Simonetta Sancasciani, che il Fatto descrive rispettivamente come "avvocato legato al Pd provinciale" e "una dei fedelissimi dell'ex sindaco Franco Ceccuzzi". Gli altri sette membri sono: Amedeo Alpi (indicato dalla Regione Toscana), Carlo Guiggiani (Camera di Commercio), Bettina Campedelli (Università degli Studi di Siena), Alessandro Grifoni (Arcidiocesi di Siena), Riccardo Campa (Università per Stranieri di Siena), Vareno Cucini (Consulta Provinciale del Volontariato di Siena), Sergio Daolio (Consiglio Nazionale delle Ricerche - Cnr), Antonio Paolucci (Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici).
Tanto Guiggiani che Cucini vengono descritti come altri due esponenti vicini a Ceccuzzi, mentre Campedelli ruoterebbe nell'area di Luigi Berlinguer, ex ministro del primo governo Prodi e rettore dell'Università senese. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, è invece un 'renziano'.
La Deputazione eleggerà a breve il presidente: in pole ci sarebbe Francesco Maria Pizzetti, presidente dell'Autorità Garante della Privacy dal 2005 al 2012, già consigliere costituzionale del presidente del consiglio Goria (1987) e di Romano Prodi (1996-1998), nonchè dell'ex ministro Bassanini. Fa parte dell'associazione Astrid, fondata tra gli altri da Giuliano Amato. """"""""""
venerdì 21 dicembre 2012
tirocini formativi: per la Corte Costituzionale è illegittima la regolamentazione statale della durata e dei requisiti
"""""""""SENTENZA N. 287
ANNO 2012
LA CORTE COSTITUZIONALE
(...)
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promossi con autonomi ricorsi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e dalla Regione autonoma Sardegna, (...)
2.— La presente decisione ha ad oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 11 del citato decreto-legge, il cui contenuto è il seguente: «1. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di
detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio. 2. In assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione».
3.— Le Regioni Emilia-Romagna, Liguria ed Umbria, in termini analoghi, lamentano che le disposizioni impugnate violino l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, disciplinando i tirocini formativi e di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione professionale».
(...)
3.— I ricorsi sono fondati. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24 del 2007).
La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare, peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro» (così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente (sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione (sentenza n. 309 del 2010), sia
da quella, anch’essa ripartita, in materia di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).
Il titolo di competenza residuale ora richiamato si applica anche alla Regione Sardegna, in virtù della clausola di maggior favore di cui al citato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
4.— Ora, alla luce del menzionato, costante orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato art. 11 si pone in contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.
Il comma 1 della disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.
D’altra parte, che la normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997 – peraltro risalente ad un momento storico antecedente l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001 – che prevede l’adozione di una disciplina volta a «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l’obbligo scolastico».
(...)
è principio consolidato che il titolo di competenza costituito dai livelli essenziali delle prestazioni – che non individua una materia in senso stretto, quanto, invece, una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie (sentenza n. 322 del 2009) – «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011).
È evidente, invece, che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con l’intervento normativo statale.
6.— L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione
(...)
11 dicembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
(...)"""""""""
ANNO 2012
LA CORTE COSTITUZIONALE
(...)
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promossi con autonomi ricorsi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e dalla Regione autonoma Sardegna, (...)
2.— La presente decisione ha ad oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 11 del citato decreto-legge, il cui contenuto è il seguente: «1. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di
detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio. 2. In assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione».
3.— Le Regioni Emilia-Romagna, Liguria ed Umbria, in termini analoghi, lamentano che le disposizioni impugnate violino l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, disciplinando i tirocini formativi e di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione professionale».
(...)
3.— I ricorsi sono fondati. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24 del 2007).
La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare, peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro» (così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente (sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione (sentenza n. 309 del 2010), sia
da quella, anch’essa ripartita, in materia di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).
Il titolo di competenza residuale ora richiamato si applica anche alla Regione Sardegna, in virtù della clausola di maggior favore di cui al citato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
4.— Ora, alla luce del menzionato, costante orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato art. 11 si pone in contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.
Il comma 1 della disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.
D’altra parte, che la normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997 – peraltro risalente ad un momento storico antecedente l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001 – che prevede l’adozione di una disciplina volta a «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l’obbligo scolastico».
(...)
è principio consolidato che il titolo di competenza costituito dai livelli essenziali delle prestazioni – che non individua una materia in senso stretto, quanto, invece, una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie (sentenza n. 322 del 2009) – «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011).
È evidente, invece, che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con l’intervento normativo statale.
6.— L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione
(...)
11 dicembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
(...)"""""""""
sabato 1 dicembre 2012
PP.AA. DIMISSIONI IN BIANCO : FIGLI DI UN DIO MINORE?
Ministero del Lavoro, Direzione Gen. Attività Ispettiva, risposta a Interpello 35/2012
""""""""""(...) si ritiene pertanto che l’art. 4, commi 16-22, L. n. 92/2012, in materia di validazione delle dimissioni presso la competente Direzione territoriale del lavoro, ovvero presso i Centri per l’impiego o altre sedi individuate dalla contrattazione collettiva, non sia immediatamente applicabile con riferimento al personale contrattualizzato delle università e, più in generale, delle pubbliche amministrazioni.""""""""""
Vai al sito della Direzione Territoriale del Lavoro di Modena per scaricare la risposta all'Interpello in versione integrale:
http://www.dplmodena.it/interpelli/26-11-12inter_35-2012.htm
Ecco un significativo esempio di come i pluripremiati vertici del Ministero del Lavoro (dalla firma tra l'altro ricaviamo che si tratta sempre degli stessi, nonostante i risultati disastrosi) si rapportino ai gravi problemi delle persone che lavorano nel nostro Paese. E per fortuna che nelle Pubbliche Amministrazioni dicono che il posto è sicuro, che si stia meglio che nel Privato, che si ritenga in generale che l'italiano sia trattato meglio dello straniero e che esista una normativa protettiva per le donne.Ci domandiamo cosa abbiano fatto dal 18 luglio al 22 novembre, oltre a riscuotere premi pagati da noi e a tenere riunioni-farsa con i sindacati rappresentativi (non sappiamo se completati da pranzo, cocktail o buffet) , i dirigenti preposti , nel Ministero del Lavoro e nel Ministero della Pubblica Amministrazione, ad attuare questa come altre norme.
Saremmo veramente sorpresi se, chiunque vinca, dopo le elezioni, non accadesse che su qualcuna di queste poltrone, dopo tanti anni e tanti governi succedutisi, non si trovasse il modo di sostituirne il sedere.
""""""""""(...) si ritiene pertanto che l’art. 4, commi 16-22, L. n. 92/2012, in materia di validazione delle dimissioni presso la competente Direzione territoriale del lavoro, ovvero presso i Centri per l’impiego o altre sedi individuate dalla contrattazione collettiva, non sia immediatamente applicabile con riferimento al personale contrattualizzato delle università e, più in generale, delle pubbliche amministrazioni.""""""""""
Vai al sito della Direzione Territoriale del Lavoro di Modena per scaricare la risposta all'Interpello in versione integrale:
http://www.dplmodena.it/interpelli/26-11-12inter_35-2012.htm
Ecco un significativo esempio di come i pluripremiati vertici del Ministero del Lavoro (dalla firma tra l'altro ricaviamo che si tratta sempre degli stessi, nonostante i risultati disastrosi) si rapportino ai gravi problemi delle persone che lavorano nel nostro Paese. E per fortuna che nelle Pubbliche Amministrazioni dicono che il posto è sicuro, che si stia meglio che nel Privato, che si ritenga in generale che l'italiano sia trattato meglio dello straniero e che esista una normativa protettiva per le donne.Ci domandiamo cosa abbiano fatto dal 18 luglio al 22 novembre, oltre a riscuotere premi pagati da noi e a tenere riunioni-farsa con i sindacati rappresentativi (non sappiamo se completati da pranzo, cocktail o buffet) , i dirigenti preposti , nel Ministero del Lavoro e nel Ministero della Pubblica Amministrazione, ad attuare questa come altre norme.
Saremmo veramente sorpresi se, chiunque vinca, dopo le elezioni, non accadesse che su qualcuna di queste poltrone, dopo tanti anni e tanti governi succedutisi, non si trovasse il modo di sostituirne il sedere.
Iscriviti a:
Post (Atom)